Dott. Duscian Riccio

- Psicologo e psicoterapeuta -

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Dott. Duscian Riccio

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Dott. Duscian Davide Riccio

Psicologo e Psicoterapeuta

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STRESS POST TRAUMATICO

Lo stress successivo ad un trauma, riguarda le situazioni in cui le persone sperimentano una discrepanza marcata tra la criticità di un evento e la loro capacità di gestione e fronteggiamento. Gli eventi traumatici permeano la società in maniera trasversale e per decifrare la sua natura irrazionale l’essere umano si è spesso affidato all’arte. In concreto, una persona soggetta ad un’esperienza traumatica non sviluppa necessariamente un disagio permanente, si parla di stress post traumatico ovvero legato ai momenti successivi all’evento, quando una persona continua a sentirsi prigioniero di quell’esperienza. Le persone relazionano quindi di “un prima e un dopo”, così come avviene quando il trauma viene vissuto in una dimensione collettiva, come è stato dopo la tragedia del ponte Morandi a Genova del 14 Agosto del 2018. Il trauma nell’individuo rappresenta una rottura mai sanata e si manifesta nella percezione di emozioni, sensazioni, immagini e pensieri troppo intensi e “carichi” rispetto agli stimoli, situazioni e ai contesti specifici che le hanno evocate. Tale intensità emotiva è molto simile alla risposta di allarme che la persona ha provato al momento del trauma ed è spessa accompagnata da immagini, sensazioni e percezioni che dal passato tornano a turbare il vissuto del presente. Nel caso di esperienze traumatiche, le persone temono quindi l’esposizione alle loro personali reazioni di stress. Tali reazioni posso ridursi in poco tempo anche spontaneamente, oppure produrre problemi di adattamento e disagio marcato. Francine Spahiro, psicologa e ricercatrice presso il mental Reserch institute di Paolo alto, tra le più eminenti autorità nella ricerca neuropsicologica di stampo Evidence Based sul trauma, distingue le esperienze traumatiche in due categorie principali: Il trauma con “T” maiuscola e il trauma con la “t” minuscola. Nel trauma con la “T” maiuscola si assiste alla percezione di una minaccia per la propria sopravvivenza o di un proprio caro come nel caso di un’incidente, un aborto o un lutto. Nel caso di traumi con la “t” minuscola, la minaccia riguarda aspetti soggettivi e non risiede nell’evento in sé ma nella sua rielaborazione come episodi di reiterate offese e scherno nel periodo scolastico. La letteratura psicologica specialistica, rileva come il trauma sia prodotto dall’ interazione di aspetti oggettivi, come il tipo di esperienza, la gravità e la durata dell’esposizione, da altri prettamente soggettivi, come la percezione e la valutazione personale che una persona può elaborare in merito ad un’esperienza traumatica, il suo atteggiamento e il modo in cui la sua rete sociale può reagire. Per questo motivo, è possibile che eventi più o meno gravi non intacchino la sensibilità di una persona mentre esitino in disturbo in un’altra. Tale componente soggettiva fa si che ripetute esperienze traumatiche con la “t” minuscola, possano produrre una fragilità maggiore di un trauma con la “T” maiuscola e che alcune esperienze associate a sensazioni di vulnerabilità, impotenza acquisiscano il potere di sconvolgere la percezione di noi stessi e della realtà.

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La realtà dello stress traumatico, spazia tra emozioni e sensazioni soverchianti, sensazione di perdita di controllo e disorientamento e produce spesso modi di reagire altamente disfunzionali come l’evitamento delle situazioni che possono far scaturire tali eventi dolorosi e dei contenuti mentali ad assi associati. La persona tuttavia non riesce a gestire il proprio presente semplicemente evitando o proteggendosi a suo modo e finisce vittima di un circolo vizioso di sofferenza. Nella scienza cognitiva comportamentale, viene definito “evitamento esperienziale” ogni tentativo di allontanarsi da esperienze che potrebbero avvicinare il soggetto ad una ricchezza di vita ma per lui irraggiungibili a causa dell’elevata sofferenza che potrebbero produrgli. Un dato di estrema rilevanza nella terapia, riguarda il fatto che esperienze traumatiche precoci risultano più invasive per le persone poiché vengono esperite in una fase di vita in cui le aree cerebrali deputate ad attribuire i significati si trovano in fase di sviluppo e per tale motivo costruiscono schemi maladattivi precoci di adattamento all’ambiente che mantengono un ponte di collegamento con il nostro presente. Per chiarire tale concetto, si pensi ad un bambino che riceve continui solleciti e severi ammonimenti relativi alla propria sicurezza o adeguatezza di comportamento durante le normali fasi di gioco ed esplorazione dell’ambiente da parte della propria famiglia; si pensi quindi al modo apprensivo e inibito in cui da adulto, reagisce ad un banale imprevisto scaturito in un momento di festa, come la rottura di un bicchiere pieno d’acqua. In alcuni casi, il modo di interpretare l’evento, il significato e l’atteggiamento che una persona adotta, può contribuire a far adattare la persona all’ambiente; in altri casi, può varcare una linea di confine in cui il soggetto sperimenta disagio marcato senza riuscire a comprenderne in modo pieno il significato. Per tale motivo il trattamento E.M.D.R lavora sulla rete di ricordi e informazioni di cui il sintomo fa parte. L’acronimo EMDR (Eye Movment Desensization and Reprocessing) è un protocollo standardizzato di trattamento dello stress collegato al trauma che sfrutta la plasticità neuronale. Nel 1995 esce dalla sperimentazione dopo essere stato oggetto di svariate ricerche e si propone di superare i limiti di un approccio esclusivamente verbale allo stress, legato alle nostre esperienze dolorose. Al momento dell’impatto stressante, i ricordi vengono immagazzinati in zone del cervello deputate ad elementi sensoriali e percettivi e risultano scarsamente accessibili se li affrontiamo solo attraverso la narrazione. Il nostro cervello immagazzina i nostri ricordi all’interno di “reti” che contengono pensieri, immagini emozioni e sensazioni collegate all’esperienza e talvolta queste vengono elaborate in modo inadeguato. E.M.D.R tramite la stimolazione delle aree cerebrali deputate all’elaborazione dei significati delle informazioni, favorisce la rielaborazione tramite la desensibilizzazione ovvero il depotenziamento degli elementi carichi a livello emotivo e sensitivo e resistenti ad una rielaborazione unicamente verbale e attiva nuove forme di apprendimento.  

 

Dott. Duscian Riccio

 

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